The air’s becoming electric (from Buchanan to Pooh)

L’aria s’è fatta elettrica. Potrebbe essere un buon segno al principio dell’anno MMXIII (che una volta si sarebbe detto anno domini, certo non oggi visto anche come vanno le cose oltretevere).
A dire il vero, l’interpretazione dell’attuale clima italiano come qualcosa di promettente richiederebbe che uno fosse capace di spostare lo spaziotempo all’indietro di 45 anni, e con esso la propria autocoscienza , quando essendo grande la confusione sotto il cielo la situazione poteva essere giudicata eccellente. Già perché se uno si mette di buona volontà a cercare un senso a quello che sta accadendo qualcosa di maoista lo potrebbe pure trovare. Siccome, però, sappiamo com’è andata a finire nel più grande paese capitalistico-dirigista del mondo, si tratterebbe ovviamente di un non-senso. La ricerca di senso allora potrebbe spingersi ancora più all’indietro arrivando fatalmente a Rousseau. E qui la ricerca dovrebbe arrestarsi. Essendo a questo punto l’atmosfera diventata torbida. Torbida di volontà generale. Giacché abbiamo imparato a diffidare di un concetto che potrebbe indifferentemente servire a fondare tanto la democrazia liberale quanto la dittatura del proletariato. E non si dicevano coerentemente democrazie popolari tutte le varie realizzazioni marxiste-leniniste del secolo scorso? E non è forse la volontà generale invocata come antidoto al parlamentarismo e come principio della democrazia diretta, o anche, e in modo ugualmente coerente, con lo stato etico di Hegel e lo statalismo in genere?
Insomma, la volontà generale, cioè la volontà della maggioranza che impone a tutti l’obbedienza alla legge anziché limitarsi a difendere la libertà di ognuno e l’eguaglianza di fronte alla legge, è un concetto tanto ambiguo quanto seducente, che ha molto sedotto e che continua a sedurre a quanto pare. Ma che, per quanto ci riguarda, è l’opposto dell’essenza individualistica della democrazia costituzionale.
L’aria è dunque torbida. E ancora più urgente il bisogno di senso. Altro che “volontà generale”, qui servirebbe “volontà di senso”. Ci troviamo in una di quelle situazioni in cui lo stesso postulato alla base del governo democratico – che esista una maggioranza in grado di assegnare uno scopo al governo – sembra venir meno. Perché per fissare lo scopo del governo dobbiamo essere prima di tutto capaci di darci un governo. E qui sembra che siamo talmente divisi e confusi da non riuscirci.
Gli economisti, si sa, hanno una certa pratica di aggregazione. I macroeconomisti, in particolare, eccellono in questo approccio. Pretendono di spiegare con i loro modelli gli effetti macroeconomici delle decisioni prese da una moltitudine di individui eterogenei che interagiscono tra di loro in modi piuttosto complessi. E per darsi una possibilità di raggiungere lo scopo ricorrono ad una varietà di ipotesi semplificatrici.
Nel caso in questione l’ipotesi semplificatrice potrebbe consistere nell’aggregare sotto l’insegna del partito anti-establishment il quarto di italiani che si sono astenuti e il quarto di coloro che hanno votato Grillo. L’aggregazione è arbitraria, s’intende, ma inerentemente plausibile se la prendiamo come un indicatore di insoddisfazione per lo status quo. È ovvio che il 50 per cento che resta, gli elettori pd pdl ecc., non è fatto o è fatto solo in parte di sostenitori dello status quo. Tuttavia, il punto è un altro, ed è che, a livello parlamentare, tale aggregato non avrebbe alcun problema a formare un governo e persino a dargli uno scopo diverso dalla mera sopravvivenza, cioè dalla conservazione dello status quo. Anzi questo eventuale governo sarebbe pressato dall’altro 50 per cento di elettori grillini e di astenuti e spinto ad un programma di cambiamento. E se ci fosse un’entità onnisciente superiore in grado di decodificare la metafisica della volontà generale troverebbe probabilmente la soluzione persino legittima, nel senso di coerente con l’opinione generale del paese. A patto, ovviamente che gli elettori fossero ragionevoli e che lo fossero anche i politici. Qui però sembra che il deficit di razionalità non sia dalla parte degli elettori italiani che hanno votato nel modo in cui hanno votato. Ai politici eletti (a tutti, grillini inclusi), che sono di fronte al dilemma e non riescono a trovare una soluzione, si dovrebbe rammentare il monito attribuito ad Abramo Lincoln: “si può ingannare una parte del popolo per tutto il tempo, si può ingannare tutto il popolo per parte del tempo, ma non si può ingannare tutto il popolo per tutto il tempo”.
Il tempo è scaduto. Per tutti noi. Nel nuovo parlamento scaturito dalle elezioni di febbraio, le soluzioni per darsi un governo e fissargli uno scopo non mancano. Questa dovrebbe essere l’essenza procedurale della democrazia: darsi un governo e fissargli uno scopo. Consigliamo ai politici che hanno smarrito il senso la lettura di un classico. Nel Calculus of Consent (1962), James Buchanan e Gordon Tullock fissarono i fondamenti logici della democrazia costituzionale. Dalla lettura di tale libro detti politici in con-fusione potrebbero trarre la giustificazione di ciò che alcuni di essi schifiltosamente chiamano inciucio, che banalmente si chiama compromesso politico, che Buchanan e Tullock chiamavano logrolling. E che serve ad una cosa fondamentale: proteggere la minoranza dalla tirannia della maggioranza. E cos’è la democrazia se non il governo della maggioranza a favore della minoranza?